Customer Journey Map

Customer Journey map: cos’è e come mappare il cliente

Mappare il cliente e costruire una Customer Journey map è fondamentale dal punto di vista strategico ma come si procede dal punto di vista pratico, dato che il numero di touchpoint e la quantità di informazioni a disposizione crescono di giorno in giorno generando una serie potenzialmente infinita di combinazioni?

Questo argomento tocca tutti, indipendentemente dalla tipologia di attività e dalla dimensione aziendale. Ed è per questo che ci rivolgiamo a liberi professionisti e imprenditori come anche a realtà aziendali di grandi dimensioni fino ad arrivare ai big Brand.

Inoltre, parlarne all’interno del nostro blog sulla Marketing Automation è cruciale perché Customer Journey map, che individua le tappe del viaggio del cliente, e Marketing automatizzato sono strettamente interrelati e la loro sinergia si rivela un successo nel 99% dei casi.

Prima di iniziare, infine, ti ricordiamo che è il rischio della perdita di controllo sull’intero percorso decisionale e di acquisto che ci porta oggi ad approfondire il significato di Customer Journey e a individuare le fasi utili a costruire una Customer Journey map per intercettare, convertire e fidelizzare il cliente con la migliore strategia di marketing.

E ora che abbiamo terminato la nostra premessa, concentriamoci sulla sostanza.

Customer Journey: cos’è

Prima di parlare di Customer Journey map (cioè dello strumento strategico), è bene capire che cosa si intende per “viaggio del consumatore” quindi andare a vedere cos’è il Customer Journey (CJ).

customer journey cos'è

Il Customer Journey è il percorso che compie il cliente per avvicinarsi all’azienda o al Brand, inizia nel momento in cui egli ha la percezione di un determinato bisogno/desiderio e passa per l’acquisto di un determinato prodotto o servizio ma non termina qui.

Infatti, se il cerchio si chiude con successo, il ciclo finisce con la costruzione di una relazione duratura nel tempo dalla quale possono nascere altri CJ (ad esempio, nel momento in cui il cliente avverte un nuovo bisogno da soddisfare o nel momento in cui consiglia il Brand ad un amico).

Da questa definizione, è facile intuire che il Customer Journey comprende anche la fase del post-vendita, durante la quale ogni azienda dovrebbe adoperarsi per fidelizzare il cliente e portarlo al riacquisto (aumentandone quella che in gergo tecnico si chiama customer retention, oltre che il suo valore nel tempo).

Inoltre, la descrizione di questo “viaggio” considera anche tutti i touchpoint (ovvero tutti i punti di contatto), sia fisici che digitali, attraverso i quali il cliente interagisce con l’azienda o con il Brand, direttamente o indirettamente.

In conclusione, ogni cliente segue un suo viaggio e non esistono Customer Journey map standard e preconfezionate.

A cosa serve conoscere il Customer Journey?

Conoscere il Customer Journey significa fare il primo passo per conoscere il cliente e conoscere il cliente è un fattore critico di successo per ogni azienda perché è la base da cui partire per vendere prodotti e servizi.

Ciò è vero perché il CJ ti permette di:

  • identificare i bisogni e i desideri dei clienti potenziali ed esistenti, insieme ai modi in cui possono soddisfarli;
  • capire i fattori che determinano la scelta e che spingono i clienti ad acquistare un prodotto/servizio piuttosto che un altro;
  • individuare i touchpoint attraverso i quali cliente e azienda/Brand entrano in contatto e dialogano fino a costruire una relazione soddisfacente e profittevole nel tempo.

Ed è solamente con la visione chiara di tutti questi aspetti che puoi anticipare le mosse di ogni tuo singolo cliente, facendoti trovare lì pronto ad aspettarlo con il messaggio giusto e con la soluzione giusta al suo problema proprio nel momento in cui inizia a cercare.

In conclusione, per rispondere alla domanda iniziale, conoscere il Customer Journey (e costruire una Customer Journey map come vedremo tra poco) ti aiuta a trasformare l’utente in cliente e a fidelizzare il cliente nel tempo.

Quali sono i touchpoint del Customer Journey?

Ne abbiamo già parlato ma ci sembra giusto ripetere cosa si intende per touchpoint perché si tratta di elementi chiave della Customer Journey map e della strategia aziendale. Iniziamo, quindi, con una definizione:

Per touchpoint si intende il punto di contatto attraverso il quale un utente interagisce con l’azienda o con il Brand oppure con i prodotti e/o i servizi che ne compongono l’offerta. Ogni touchpoint può essere fisico o digitale mentre l’interazione può essere diretta o indiretta.

E vogliamo completare il concetto sottolineando che, grazie alla diffusione delle tecnologie digitali (come smartphone e tablet) e a decenni di evoluzione degli strumenti a disposizione del mondo fisico, ad oggi l’utente può utilizzare diversi touchpoint (o punti di contatto) all’interno dello stesso CJ.

Andiamo a vedere quali sono i touchpoint del Customer Journey, dividendoli in touchpoint fisici e touchpoint digitali, e tenendo presente che possono essere ricombinati in moltissimi modi, in base alle preferenze e alle esigenze, rendendo il viaggio del cliente non lineare (ed è proprio da qui che nasce la complessità della mappatura).

Touchpoint fisici

I touchpoint fisici del Customer Journey sono tutti i punti di contatto che si ritrovano nel mondo offline come, ad esempio, la stampa, il volantinaggio e la cartellonistica, la radio e la TV (che definiamo media tradizionali e che adottano una forma di comunicazione outbound).

Non è da sottovalutare nemmeno il passaparola (word of mouth, in inglese) ovvero il consiglio spontaneo, relativamente ad un prodotto/servizio, che può venire da parte di amici e conoscenti.

Touchpoint digitali

I touchpoint digitali del Customer Journey sono tutti i punti di contatto che si ritrovano nel mondo online come, ad esempio, il sito web e il blog aziendale, le live chat e i chatbot, l’adv, i social network, le community, la newsletter, le recensioni e molto altro (che utilizzano una forma di comunicazione inbound).

Quali sono le 6 tappe del Customer Journey?

Il Customer Journey può essere suddiviso in tappe, conoscerle aiuta a comprendere meglio il viaggio del cliente e, successivamente, a costruire una Customer Journey map più accurata.

Esistono diverse interpretazioni di questo percorso e le 6 tappe del Customer Journey che ti proponiamo sono così articolate:

  1. Awareness (Consapevolezza), cioè il momento in cui il consumatore viene a conoscenza del prodotto, del servizio, dell’azienda o del Brand attraverso uno o più touchpoint e intuisce che potrebbe soddisfare una sua esigenza;
  2. Consideration (Considerazione), il consumatore entra nella fase di ricerca di tutta una serie di informazioni che gli serviranno per confrontare vari prodotti o gli stessi prodotti di marche diverse;
  3. Intention (Intenzione), si riferisce a quando il consumatore inizia a scremare le alternative individuate per restringere il campo di scelta;
  4. Decision (Decisione), il consumatore decide se acquistare o non acquistare e il prodotto o il servizio e, se non acquista, il Customer Journey si interrompe qui;
  5. Purchase (Acquisto), ovvero la fase dell’acquisto;
  6. Loyalty (Fidelizzazione) e Advocacy, che iniziano nel momento successivo all’acquisto: se l’azienda lavora bene e soddisfa le aspettative del cliente ha buone probabilità di riuscire a fidelizzarlo e di renderlo brand ambassador.

Ti consigliamo di tenere presenti queste 6 fasi quando andari a costruire la Customer Journey map ma avendo la consapevolezza del fatto che si tratta chiaramente di una semplificazione.

Mancano nel modello i riferimenti agli strumenti di cui dispone l’utente e al modo in cui li utilizza: non sempre, infatti, il consumatore segue tutte le fasi né tantomeno è obbligato ad attraversarle in modo lineare e sequenziale.

Inoltre, ogni fase può articolarsi in modi diversi e deve essere approfondita nel dettaglio e nelle sue varianti.

Pensa all’omnicanalità dove, ad esempio, un cliente potrebbe scegliere un prodotto online ma concludere l’acquisto in negozio, acquistare online ma scegliere di ritirare in negozio (secondo un modello Click & Collect o toccare con mano nel punto vendita ma acquistare online.

Evoluzione del Customer Journey nel tempo…

Il Customer Journey è cambiato nel corso degli anni fino a diventare così come lo conosciamo oggi, cioè complesso, specifico per ogni singolo utente e decisamente non lineare.

Ma com’era in passato quando nel mondo esistevano pochi touchpoint e il digitale non era nemmeno un’idea? Quali stadi evolutivi ha attraversato il viaggio che porta il cliente ad acquistare un prodotto o un servizio?

Rispondere a queste domande è utile per acquisire un vantaggio competitivo nel presente e per conoscere gli strumenti da utilizzare al fine di trarre vantaggio e di acquisire il controllo sul percorso decisionale e d’acquisto del consumatore contemporaneo.

Di modelli per rappresentare il Customer Journey ne sono stati sviluppati parecchi e ne abbiamo selezionati tre:

  • il modello AIDA;
  • il modello ZMOT e il suo completamento UMOT;
  • il modello MESSY MIDDLE (che vedremo nel paragrafo dedicato).

Vediamo di cosa si tratta.

Customer Journey e modello AIDA

Tutto ha inizio con il modello AIDA, elaborato da Elmo Lewis nel 1898 (ti confermiamo che hai letto bene e che non si tratta di un errore di battitura), di cui si parla tutt’ora grazie alla sua semplicità e alla sua diffusione, nonostante risulti incompleto.

Modello AIDA: awareness, interest, desire, action

Esso analizza il processo decisionale del cliente e suddivide le tappe del viaggio in quattro fasi:

  • A – awareness, cioè il momento in cui si cattura l’attenzione del consumatore, che diventa consapevole dell’esistenza di un prodotto/servizio e/o di un Brand/azienda;
  • I – interest, che è la fase in cui nel consumatore nasce l’interesse che lo spinge ad adoperarsi attivamente per scoprire i problemi che risolve un dato prodotto/servizio e i vantaggi che derivano dal suo utilizzo;
  • D – desire, quando nel consumatore matura il desiderio di possedere e di utilizzare un certo bene;
  • A – action, ovvero il momento finale che si conclude con un’azione specifica che può essere, ad esempio, la richiesta di informazioni o, meglio ancora, l’acquisto.

Come vedi, il modello AIDA è del tutto lineare e sequenziale, potremmo dire basilare al punto tale da far sembrare questo percorso facile e automatico ma chiunque abbia un’attività imprenditoriale e chiunque lavori oggi nel marketing sa bene che le cose non stanno così.

Customer Journey e modelli ZMOT e UMOT

Il modello ZMOT, abbreviazione di Zero Moment of Truth, è l’approccio al Customer Journey introdotto da Google nel 2011 ed è l’evoluzione naturale di alcuni modelli precedenti che qui non prenderemo in esame per non essere troppo dispersivi (il tuo obiettivo è imparare a costruire una Customer Journey map giusto?).

Modello ZMOT (Zero Moment of Truth)

La cosa importante da sapere è che tiene in considerazione i cambiamenti derivanti dalla diffusione di internet e della tecnologia digitale che si riflettono sul modo in cui i consumatori ricercano informazioni sul web in merito a Brand, prodotti e servizi.

Il momento Zero della Verità diventa, quindi, centrale nel processo decisionale del cliente e coincide con il momento in cui il consumatore, dopo aver ricevuto lo “stimolo” in modo passivo, si attiva per cercare informazioni online sulla base delle quali decidere se acquistare o meno il prodotto o il servizio.

Facciamo un appunto: cercare informazioni sul web significa interrogare, ad esempio, i motori di ricerca come Google e ricercare sui social commenti o recensioni prima dell’acquisto, in tempo reale, a qualsiasi ora del giorno e sempre più spesso da dispositivi mobili.

Infine, il modello ZMOT è rilevante per

  • qualsiasi tipo di azienda, B2B o B2C;
  • ogni tipo di prodotto o servizio, che può essere importante (in termini di prezzo e di utilizzo) oppure di uso quotidiano.

Oltre il modello ZMOT: il modello UMOT

Il modello UMOT, acronimo di Ultimate Moment of Truth, è il completamento del modello ZMOT appena descritto e coincide con un evento importantissimo.

Rappresenta, infatti, l’azione spontanea che dovrebbe essere incoraggiata dalle aziende perché potrebbe diventare il momento zero della verità per altri utenti (generando un circolo virtuoso) e coincide con la pubblicazione, da parte del cliente, di un contenuto che racconta la sua esperienza di utilizzo di un certo prodotto o servizio al fine di

  • esprimere se stesso;
  • condividere informazioni utili con altri utenti.

… E il modello Messy Middle di Google per il Customer Journey contemporaneo

Il più recente modello elaborato per descrivere il comportamento decisionale e d’acquisto del consumatore si chiama Messy Middle, Google lo ha proposto nel 2020 ed è su questo approccio che vogliamo concentrare la nostra attenzione perché identifica la situazione che aziende e Brand devono imparare a governare.

Viene rappresentato in questo modo:

Modello Messy Middle di Google
Rappresentazione del modello Messy Middle di Google

Il team di Google che si occupa degli insight sui consumatori ha individuato che

  • i consumatori prendono le decisioni d’acquisto in modo caotico e questa tendenza è destinata a peggiorare;
  • ciò che avviene tra il momento in cui il consumatore riceve il primo stimolo e la decisione d’acquisto non è lineare perché i touchpoint utilizzati variano da persona a persona;
  • si conosce poco del modo in cui i consumatori elaborano le informazioni e del come scelgono tra le alternative che incontrano;
  • è proprio questo processo di elaborazione (che non si conosce a fondo) che influenza la decisione finale di acquisto.

La sfida per Brand e aziende diventa, quindi, quella di capire come i consumatori prendono decisioni in un ambiente online che propone innumerevoli opzioni e infinite informazioni a disposizione.

A tal fine si è scoperto che, anche nell’ambiente digitale, le persone sfruttano i bias cognitivi, o distorsioni cognitive, radicati a fondo nella mente e utilizzati per affrontare e gestire i concetti e le situazioni complesse.

Messy Middle: modello decisionale e bias congnitivi

Con il modello Messy Middle, il team di Google individua un Customer Journey all’interno del quale è il caos a regnare perché nell’arco di tempo compreso tra il primo trigger e l’acquisto finale i consumatori sono sopraffatti di input e informazione e confusi.

Emerge che le persone utilizzano due schemi mentali diversi, ovvero quello dell’esplorazione e quello della valutazione, per cercare e ordinare le informazioni e durante questo processo sono sei i bias cognitivi che modellano il comportamento di acquisto e le scelte:

  1. euristica di categoria: le decisioni di acquisto possono essere semplificate attraverso brevi descrizioni informative che riportano le caratteristiche chiave del prodotto;
  2. potere dell’immediatezza: l’intenzione di acquisto si riduce se aumenta il tempo necessario a disporre e a utilizzare il prodotto;
  3. prova sociale: consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci;
  4. bias di scarsità: un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità diminuisce;
  5. bias di autorità: l’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente;
  6. potere della gratuità: un regalo incluso all’interno di un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

Ed è a questi bias che bisogna rifarsi per conquistare le preferenze degli utenti e fidelizzare i clienti nelle fasi centrali del processo decisionale.

I consigli di Google

Concludiamo questa panoramica con i preziosi consigli di Google che ci dice quanto, per i consumatori, queste siano fasi normali del percorso di acquisto e ci ricorda che ogni azienda o Brand dovrebbe inserirsi all’interno di esse per fornire informazioni e riassicurazioni funzionali alla decisione.

Ciò che bisogna fare è:

  • garantire la presenza del brand in modo strategico affinché il prodotto o il servizio sia notato e ricordato dai clienti mentre esplorano le opzioni;
  • applicare i principi delle scienze comportamentali in modo intelligente e responsabile per rendere la proposta convincente quando i consumatori valutano le opzioni;
  • avvicinare il momento del trigger a quello dell’acquisto in modo da ridurre il tempo di esposizione dei clienti potenziali ed esistenti alle strategie dei brand concorrenti;
  • creare team flessibili e competenti per andare oltre il branding tradizionale ed evitare barriere tra reparti che rischiano di lasciare spazi vuoti nel percorso decisionale dei consumatori.

Cosa significa Customer Journey map

La Customer Journey map è il documento strategico che riporta la mappatura delle tappe del viaggio del consumatore, ovvero del percorso che egli compie in relazione a un Brand e ai suoi prodotti e servizi, e dovrebbe essere inserita all’interno della strategia di marketing aziendale.

Di questo percorso, quindi, si ipotizzano dei percorsi, se ne identificano i touchpoint attivi (attenzione perché questo step è fondamentale), la loro efficacia e il modo in cui vengono utilizzati dagli utenti insieme alle buyer personas.

Infine, ci teniamo a ripeterlo, la rappresentazione della Customer Journey map è unica per ogni azienda quindi non esistono mappature standard o riutilizzabili: l’analisi deve essere formulata e personalizzata in sede di analisi strategica.

Perché costruire la Customer Journey map

Ti stai chiedendo perché costruire la Customer Journey map del tuo cliente? Devi sapere che, senza questo strumento, sarebbe impossibile (ma davvero impossibile, senza esagerare):

  • mappare e analizzare i touchpoint, per tracciare il percorso all’acquisto del cliente al fine di influenzarlo e per determinarne l’efficacia di ogni punto di contatto al fine di scoprire dove intervenire per migliorare la customer experience (ogni touchpoint dovrebbe creare esperienze positive del cliente perché, solo in questo caso, aumenta la probabilità di acquisto);
  • capire meglio i consumatori e migliorare la relazione con i clienti: conoscere la customer experience evidenzia i punti in cui la relazione cliente-Brand funziona meno e quelli dove si sta già svolgendo un lavoro efficace, dando la possibilità di aggiustare le strategie di marketing in essere per acquisire e fidelizzare i clienti;
  • conoscere il percorso dei prodotti che compongono l’offerta: nella Customer Journey map si rappresentano anche le tappe percorse da prodotti e servizi e ne emergono le caratteristiche che li rendono desiderabili o sulle quali bisognerebbe intervenire.

Come costruire la Customer Journey map: fasi ed esempi

Avendo acquisito tutte le informazioni finora discusse, siamo pronti per vedere come fare per costruire la Customer Journey map. Queste sono le fasi da seguire per realizzare la tua mappa e ottimizzare la strategia:

customer journey map fasi

Vediamole nel dettaglio.

Customer Journey map: definire gli obiettivi in fase 1

Il primo passo utile alla costruzione della Customer Journey map ti impegna nella definizione dei tuoi obiettivi di business. Dall’analisi della strategia di marketing in essere e dei risultati che essa porta, puoi capire cosa funziona e cosa no e decidere, ad esempio, di

  • cercare nuove opportunità;
  • migliorare la customer experience dei tuoi clienti;
  • mettere più impegno nel post-vendita;

e molto altro.

Customer Journey map: costruire le buyer personas in fase 2

La buyer persona è la rappresentazione immaginaria del tuo cliente tipo o di uno specifico segmento di clienti e ne descrive le caratteristiche, le motivazioni e tutto ciò che lo scoraggia e che lo porta a non concludere l’acquisto.

Ogni buyer persona ha un proprio Customer Journey e una sua logica nell’utilizzo dei touchpoint differenti quindi è compito tuo intercettare i differenti percorsi possibili in relazione al suo viaggio.

Ragionando solo in base al trigger, ad esempio, potresti interfacciarti con due tipologie diverse di cliente: quello che raccoglie informazioni sul web prima di acquistare e quello che si rivolge ad amici e parenti per chiedere consigli. Riesci a percepire quanto le strategie migliori per queste due casistiche siano differenti?

Customer Journey map: mappare i touchpoint in fase 3

I touchpoint sono i punti di contatto che mettono in collegamento il consumatore con un Brand, i suoi prodotti o i suoi servizi. Possono essere direttamente controllati dall’azienda come no ma ciò che conta è che tu abbia chiaro quali siano (e dove non sei presente) per attivare delle strategie mirate.

Un consiglio? Cerca di rendere speciale l’esperienza che ogni utente, potenziale o esistente, vive attraverso i touchpoint.

Customer Journey map: raccogliere e analizzare i dati in fase 4

Arrivati a questo punto, ti manca lo step della raccolta dati e dell’analisi dei risultati che ti portano le nuove strategie identificate utilizzando la Customer Journey map. Ogni touchpoint, infatti, deve essere monitorato proprio come i KPI collegati alla strategia.

Da qui ricaverai le informazioni che ti servono successivamente.

Customer Journey map: ottimizzare il percorso in fase 5

La costruzione della Customer Journey map ha come obiettivo la massimizzazione della customer experience al fine di acquisire nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti. Attenzione, però! Il lavoro di ottimizzazione deve essere costante e non è detto che i successi arrivino al primo tentativo.

Customer Journey map e percorsi automatizzati

La Customer Journey map è, quindi, oggi uno strumento indispensabile perché vince chi riesce a intercettare il consumatore esattamente nel momento in cui è più influenzabile, oltre che nel momento del bisogno.

Ma in un mondo sempre più digitale è impensabile poter raggiungere questo obiettivo “manualmente” ed è per questo che la Marketing Automation è un must have che ti porta ad essere onnipresente con il contenuto giusto, alla persona giusta, nel momento giusto e a raccogliere in tempo reale i dati importanti.

I percorsi automatizzati non richiedono l’intervento umano 24/7 e servono a:

  • massimizzare la customer experience che il cliente vive lungo il suo Customer Journey, rendendola fluida, efficiente e senza interruzioni;
  • personalizzare il percorso in base ai comportamenti dell’utente;
  • essere presente su più touchpoint contemporaneamente aumentando la possibilità di intercettare clienti potenziali e migliorando la soddisfazione generale;
  • raccogliere grandi quantità di dati fondamentali per ottimizzare le strategie.

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